Partito di Alternativa Comunista

Israele si prepara a espellere i palestinesi tra le proteste internazionali

Israele si prepara a espellere i palestinesi

tra le proteste internazionali

 

 

di Fabio Bosco

 

In questo articolo si analizzano le ultime mosse dell’esercito sionista, che mira ad occupare l’intero territorio palestinese, e le complicità dei Paesi imperialisti. Contemporaneamente, in questi giorni, si sta parlando molto dell’azione solidale della Global Sumud Flotilla, in viaggio verso Gaza. Esprimiamo pieno appoggio a questa iniziativa, che rimanda all’importanza della solidarietà internazionale. Alcuni dei protagonisti di questa spedizione rivendicano il proprio pacifismo. Noi vogliamo ricordare che la Resistenza palestinese ha sempre utilizzato anche la lotta armata per la propria liberazione e per la difesa dai brutali attacchi sionisti. Per questo non condividiamo le prese di posizione contro l’azione del 7 ottobre e contro la detenzione di prigionieri israeliani da usare come mezzo di scambio con prigionieri palestinesi (la redazione web).

 

Era il 1° marzo 2025. Secondo il Canale 13 della televisione israeliana, il governo aveva deciso di bloccare l'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza per costringere la Resistenza Palestinese alla resa. Lo Stato di Israele aveva deciso di utilizzare la fame come arma di guerra su larga scala.
Poco dopo, il giorno 18 marzo, Israele ha rotto il cessate il fuoco, ha invaso e conquistato il 75% di Gaza, oltre a compiere bombardamenti indiscriminati contro scuole, ospedali e abitazioni. Solo nei primi giorni sono morti 400 palestinesi.
A partire da aprile, Israele ha escluso le agenzie delle Nazioni Unite (Onu) e le Ong dagli aiuti umanitari e ha ingaggiato la società Ghf (Gaza humanitarian foundation) per distribuire cibo a Gaza. La Ghf e l'esercito israeliano hanno trasformato i sei punti di distribuzione in trappole mortali. Il 17 agosto Israele aveva già ucciso 1.938 persone e ferito altre 14.420 palestinesi in coda per ottenere cibo. Inoltre, secondo il Ministero della Salute di Gaza, lo Stato sionista ha fatto morire di fame 258 palestinesi, tra cui 110 bambini.

 

Preparando una brutale diaspora forzata

Contemporaneamente, Israele ha contattato altri Paesi per convincerli ad accogliere i palestinesi espulsi da Gaza. Oltre al Sudan, al Sud Sudan e al Somaliland, Israele, con l'approvazione degli Stati Uniti, sta negoziando con il primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, che governa la Libia occidentale, per accogliere centinaia di migliaia di palestinesi in cambio del rilascio di 30 miliardi di dollari bloccati all'estero dal 2011. Sta anche trattando con il generale Khalifa Haftar, che domina la Libia orientale, per accogliere i palestinesi in cambio di un sostegno alla produzione petrolifera del Paese.
In Cisgiordania, Israele si prepara ad annettere l'intero territorio. Da un lato, ha armato 700.000 coloni israeliani per attaccare ed espellere i palestinesi insieme all'esercito. Inoltre, ha preso il controllo della zona conosciuta come E1, che divide la Cisgiordania tra nord e sud e la separa da Al-Quds/Gerusalemme. Secondo il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, l'obiettivo è quello di seppellire, una volta per tutte, la soluzione dei due Stati e, con essa, la formazione dello Stato palestinese.

 

La contesa per il controllo della regione

Infine, Israele cerca di consolidarsi come unica potenza regionale. Attualmente occupa territori in Libano e Siria, attacca regolarmente lo Yemen e prepara nuovi attacchi contro l'Iran. I suoi piani avanzano in Libano, dove il nuovo presidente e primo ministro, alleati degli Stati Uniti e dell'Arabia Saudita, cercano di ottenere la resa di Hezbollah.
In Siria, il piano sionista di dividere il Paese è stato facilitato dal massacro di Sweida, dove le forze del governo provvisorio hanno giustiziato centinaia di drusi, spingendoli dalla parte di Israele e alimentando la deleteria divisione tra le comunità confessionali, il che è contrario agli obiettivi della rivoluzione.
In Yemen, si assiste a un rafforzamento degli Houthi yemeniti (Ansar Allah) per il controllo del traffico commerciale nello stretto di Bab al-Mandeb nel Mar Rosso e per la capacità di paralizzare la produzione di petrolio in Arabia Saudita, come hanno fatto nel 2019.
In Iran ci sono trattative in corso per un nuovo accordo nucleare con gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo si sta riprendendo la produzione di armi per la difesa, in particolare missili balistici, che hanno penetrato con successo le difese aeree di Israele. Inoltre, va avanti la ricostruzione del programma nucleare iraniano.

 

Il sostegno degli Stati Uniti alla pulizia etnica

Nessuno di questi piani israeliani sarebbe possibile senza il sostegno degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti forniscono il 70% delle armi utilizzate da Israele. Inoltre, forniscono copertura politica e diplomatica al genocidio a Gaza.
Trump, ad esempio, ha imposto sanzioni contro la relatrice delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, la combattiva Francesca Albanese, nonché contro due giudici e due procuratori della Corte penale internazionale (Cpi), paralizzando il Tribunale e la Corte internazionale di giustizia. Tutto questo per proteggere i criminali sionisti.
Questa politica di Trump avvantaggia direttamente le industrie statunitensi dell'armamento e del petrolio. Inoltre, Trump rafforza il suo rapporto con i sionisti cristiani che fanno parte del suo movimento «Make America Great Again» (Maga).

 

L'imperialismo europeo e i Brics non sono alternative

Mentre l'imperialismo statunitense sostiene apertamente il genocidio, l'imperialismo europeo intraprende un'altra strada per sostenere Israele.
A settembre, la Francia e l'Arabia Saudita hanno sponsorizzato una conferenza delle Nazioni Unite per riconoscere uno «Stato palestinese». Tuttavia, questo «Stato palestinese» dovrebbe formarsi sulla base della resa della Resistenza palestinese e verrebbe anche smilitarizzato per garantire la «sicurezza» di Israele. L'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha partecipato alla conferenza e ha sostenuto il disarmo di Hamas e della Resistenza palestinese.

L'imperialismo britannico, a sua volta, si è impegnato a sostenere questa politica francese se Israele non avesse fatto passi indietro in relazione al genocidio a Gaza. Ma nessuno ha parlato di ciò che sarebbe realmente necessario: un embargo militare e la rottura delle relazioni commerciali e diplomatiche con Israele.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha annunciato un embargo parziale sulle armi e si è fermato lì. Questi annunci ingannevoli cercano occultare le responsabilità nel genocidio e di placare la massiccia ondata di proteste filopalestinesi in Europa.
La situazione non è diversa per quanto riguarda i Brics, l'alleanza inizialmente formata dai Paesi che compongono l'acronimo - Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - e che ora include diversi paesi del Nord Africa (come l'Egitto e l'Etiopia) e del Medio Oriente (come l'Iran, gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita).
L'India è un alleato fedele di Israele. La Cina è la principale potenza esportatrice di Israele. La Russia è un alleato storico di Israele e fornitore di petrolio per la macchina bellica sionista. Il Brasile e il Sudafrica protestano contro il genocidio, ma continuano a esportare, rispettivamente, petrolio e carbone in Israele.

 

Hamas sostiene un cessate il fuoco senza resa

La Resistenza palestinese a Gaza, guidata da Hamas, è indebolita dopo 22 mesi di lotta impari contro i genocidi sionisti. Ciononostante, Hamas rifiuta di arrendersi: il suo disarmo significherebbe l'occupazione israeliana di Gaza.
Al contrario, Hamas sostiene la proposta di un cessate il fuoco di 60 giorni, con un ampio scambio di prigionieri, oltre al ritiro delle truppe israeliane da Gaza.
L'esperienza storica sostiene le ragioni della Resistenza palestinese. Il disarmo ha sempre portato a massacri di palestinesi, come nel 1982 nei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano.

 

La straordinaria ondata di solidarietà internazionale

Il genocidio a Gaza è condannato da milioni di persone in tutto il mondo. I sondaggi di opinione indicano il più alto sostegno ai palestinesi mai registrato. Questo rifiuto del genocidio si manifesta in diverse azioni di solidarietà, dalle manifestazioni che riuniscono migliaia di persone alle proteste nelle università e agli eventi culturali e sportivi.
Anche i legami tra la lotta in Palestina e in Ucraina hanno mosso i primi passi. A Kiev, attivisti di sinistra hanno manifestato a sostegno della Palestina davanti al Memoriale dell'Holodomor, dedicato ai milioni di persone morte di fame in Ucraina negli anni Trenta a causa delle politiche di Stalin.
Ciò che non è ancora avvenuto su larga scala è la necessaria unità dei lavoratori per impedire le esportazioni di materiale militare verso Israele.

 

Le proteste in Israele e i loro limiti

La scorsa settimana, centinaia di migliaia di israeliani hanno protestato chiedendo un cessate il fuoco e uno scambio di prigionieri. Centinaia di ebrei ultraortodossi hanno anche protestato contro il servizio militare obbligatorio per i credenti.
Queste proteste sono importanti perché esercitano pressione sul governo di Benjamin Netanyahu affinché accetti il cessate il fuoco. Ma è importante conoscerne i limiti. La stragrande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene l'espulsione dei palestinesi da Gaza e la colonizzazione della Cisgiordania.
Tuttavia, il genocidio prolungato sta avendo un impatto sull'economia, che è in recessione, e sta influenzando la vita degli israeliani che temono la Resistenza palestinese. Inoltre, anche l'immagine internazionale di Israele è gravemente danneggiata.
La maggior parte della popolazione ebraica israeliana, compresa la classe operaia, non è alleata dei palestinesi. Al contrario, anche loro traggono vantaggio dal furto delle terre e delle case palestinesi. A causa di questi benefici materiali, i lavoratori ebrei israeliani si uniscono all'impresa sionista contro gli interessi dei palestinesi e dei lavoratori di tutto il mondo.
Solo le manifestazioni dei «palestinesi del 1948» (cioè i palestinesi che vivono nei territori palestinesi conquistati nel 1948, sui quali è stato fondato lo Stato di Israele), principalmente nella città palestinese di Umm al-Fahm, chiedono la fine del genocidio, in solidarietà con i loro fratelli e le loro sorelle palestinesi di Gaza.

Sostegno incondizionato alla Resistenza palestinese! Rafforziamo la solidarietà internazionale!

Sosteniamo incondizionatamente la Resistenza palestinese. Non siamo in accordo coi programmi politici di Hamas, della Jihad Islamica o del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), ma siamo fermamente contrari al genocidio.
Sosteniamo la decisione della Resistenza palestinese di non consegnare le armi e di continuare le sue azioni contro l'esercito israeliano, per quanto limitate possano essere. Mentre la Resistenza palestinese fa la sua parte nella lotta, è necessario che anche la classe lavoratrice e i giovani di tutto il mondo facciano la loro. Nei Paesi arabi è necessaria una nuova «Primavera araba» per rovesciare i regimi collaborazionisti. In altri Paesi è necessaria una mobilitazione permanente per costringere i governi a rompere le relazioni commerciali e diplomatiche con Israele, cercando di coinvolgere la classe lavoratrice nell'azione diretta e boicottando la spedizione di armi e qualsiasi altro tipo di beni a Israele. Sarà nel fervore della lotta contro il genocidio che costruiremo la strada verso la liberazione della Palestina dal fiume al mare, e per porre fine allo Stato razzista di Israele, unica soluzione per la pace in Medio Oriente.

 

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